venerdì 18 marzo 2011

AUMENTANO GLI INCIDENTI CAUSATI DAI PIRATI DELLA STRADA



Gli italiani sono più disciplinati all’estero, o almeno così si dice. Certo, non lo sono tra le “mura domestiche”. Qui in Italia il numero dei pirati della strada è aumentato, o meglio sono aumentati gli incidenti stradali a loro attribuiti. Nel 2009 si sono verificati ben 482 casi di pirateria stradale. L’aumento rispetto al 2008 è del 49,2%, tenendo conto che in quell’anno ne sono stati contati 323.
O sono tutti impazziti, o la crisi ha aumentato il ritmo di vita. Il tempo è denaro, non si guarda più in faccia a nessuno, né al pedone né al semaforo




PIÙ INCIDENTI - In Italia aumentano i pirati della strada. Secondo l’Osservatorio il Centauro dell’Associazione sostenitori amici polizia stradale , nei primi sei mesi dell’anno questi criminali hanno causato 249 incidenti, in crescita del 16% rispetto allo stesso periodo del 2009. Se aumenta del 23,3% (a quota 346) il numero dei feriti, diminuisce almeno dell’11,6% il numero delle persone uccise: da 43 a 38. È comunque ancora presto per fare delle previsioni sull’anno visto che, a oggi 10 agosto, il numero degli incidenti è già salito a 317, con 47 morti e 428 feriti.

COLPA DELL’ALCOL - Quasi un terzo dei conducenti fuggiti dopo uno incidente guidava in stato di ebbrezza. Di questi, il 17,2% aveva assunto droga. Ma si tratta di dati comunque parziali, visto che il 21,7% dei responsabili resta ignoto. “Considerando quelli che non vengono identificati e quelli che vengono identificati in tempi successivi all’incidente, quando cioè le analisi non si possono più fare, si può stimare che la percentuale dell’ebrietà da alcol e stupefacenti superi il 50%” .

MENO GLI STRANIERI - Cala anche il numero dei pirati stranieri: se nel primo semestre dell’anno scorso erano quasi il 27% del totale, ora sono poco più del 24%. C’è comunque da dire che, nell’intero 2009, gli episodi imputabili a non italiani erano già scesi al 25% del totale contro il 31,3% del 2008. Infine, cresce da 10 a 15 il numero di donne che si sono rese responsabili di questo reato. Ma si tratta solo del 6,2% del totale.

mercoledì 2 marzo 2011

Noi intendiamo un poliziotto sicuro una persona che ci deve aiutare quando ci sentiamo, o siamo in pericolo.
Il cosiddetto "poliziotto sicuro" è una persona seria, che fa il proprio dovere;l'estetica di un poliziotto deve essere ordinata.
Un poliziotto sicuro è un poliziotto che non perde tempo, ma gira per i quartieri a controllare se tutto sta andando per il verso giusto, e serve anche per intervenire in situazioni di pericolo, come ad esempio controllare se nei pressi delle discoteche, nelle birrerie, nelle strade e nei pub non ci siano risse o comunque discussioni violente.
Secondo noi i poliziotti dovrebbero fare dei giri giornalieri in tutta la città soprattutto nelle aree più a rischio, dove sono presenti: persone non affidabili, persone che bevono, persone che si drogano o che comunque non forniscono un bene ai cittadini e alla comunità.


Questa poliziotta ha un aspetto curato, si interessa del proprio lavoro e non perde il proprio tempo mangiando o chiacchierando con i suoi colleghi.
Inoltre parla in un italiano corretto, cioè non parla in dialetto, in modo che tutti anche chi provenendo da un'altra regione la possa capire.

Questo è il ritratto di una poliziotta sicura, di cui ci possiamo fidare certamente.

Invece, il Commissario Whinchester è un poliziotto disattento, non cura la sua estetica, è svogliato nel suo lavoro, parla in dialetto e non ha spirito investigativo.
Perde il suo tempo mangiando e chiacchierando e per questo non svolge come dovrebbe il suo lavoro.

Questo è il ritratto di un poliziotto poco serio e malsicuro, quindi non ci dobbiamo fidare di lui. 

domenica 27 febbraio 2011

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Assistere a uno spettacolo sportivo, a una partita di calcio in particolare, rappresenta uno dei più diffusi e popolari modi di impiegare il tempo libero in Occidente.
Purtroppo quella che dovrebbe essere una festa si trasforma spesso, specialmente da noi in Italia, in occasione di violenza.
Le cronache delle partite sulla stampa sportiva non si limitano ormai da tempo a raccontarci le prodezze agonistiche di questo o quel campione, ma ci riferiscono di  aggressioni, scontri, risse, assedi, agguati, accoltellamenti, ferimenti, lanci di oggetti, di petardi, di pietre, di bombe, giù giù fino a che talvolta l'insensata spirale di violenza non lascia sul campo il morto ammazzato.

Il problema della violenza negli stadi è in Italia un problema annoso. Periodicamente, da molto tempo a questa parte, si organizzano dibattiti, si esecra, si condanna, facendo ricorso a una retorica sempre più stucchevole, ma non si fa sostanzialmente niente, fino allo scontro o al morto successivi.
Dispiace che la classe dirigente italiana indulga così spesso in chiacchiere inconcludenti, anziché affrontare i problemi con efficace risolutezza, come avviene in altri Paesi.
In Inghilterra, per esempio, il tifo violento negli stadi, quello dei tristemente noti hooligan, è stato debellato tramite una serie di provvedimenti che hanno restaurato l'ordine e che consentono ai veri sportivi di godersi la partita in un clima di confortevole convivialità.
Da noi ciò non sembra possibile. Le partite si trasformano in occasione di guerriglia urbana, il tifo calcistico si colora, oltre che di rivalità campanilistiche, di improbabili valenze politiche e ideologiche. Nelle curve si inneggia alla violenza senza che ne esistano giustificazioni plausibili.
Razzismo cretino, delinquenza comune, uso di droghe, bullismo, affermazione violenta della propria personalità, becero qualunquismo si mescolano, presso alcune frange estremiste degli ultras, alla passione sportiva.
Un malinteso ed equivoco approccio romantico alla partita anima, in certi stadi, alcuni settori di pubblico, sfociando non di rado in sciagurato teppismo. Spesso con la connivenza degli stessi calciatori, dei club e di talune lobby politiche, attenti a perseguire più il proprio interesse particolare che quello generale.
Eppure basterebbe poco per ripristinare la sicurezza: seguire l'esempio di chi ci è riuscito e cioèzero tolerance nei confronti dei violenti, pene certe e severe che comprendano la carcerazione, divieto assoluto di frequentare lo stadio per i facinorosi, giustizia rapida ed efficace, responsabilizzazione dei club nella gestione della sicurezza degli stadi. In Inghilterra ha funzionato.
Un'ideologia antiautoritaria ed eccessivamente garantista, che se è stata necessaria quarant'anni fa per rinnovare una società italiana troppo arcaica, oggi è degenerata ad alibi di criminali e teste calde, creando inutili ostacoli alla punizione dei delitti. Tutti, oggigiorno, reclamano diritti e giustificazioni, mentre quasi nessuno parla più di doveri e responsabilità.
È chiaro che non esiste nessuna via d'uscita fino a quando si continua a considerare il tifoso violento un "capro espiatorio" del disagio diffuso di una società, come è successo di recente dopo i fatti luttuosi di Catania.
PER QUESTO E' STATO IDEATA LA TESSERA DEL TIFOSO:
                           
La "tessera del tifoso" è uno strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio. Il progetto lanciato dall'Osservatorio si pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali”.
La tessera, rilasciata dalla società sportiva previo “nulla osta” della Questura competente che comunica l’eventuale presenza di motivi ostativi (Daspo in corso e condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni), fidelizza il rapporto tra tifoso e società stessa.

Credo sia giunto il momento per ribadire forte e chiaro che la ricreazione è finita, che ci sono delle regole da rispettare e che l'istituzione più adatta a farsi carico dei criminali, perché di questo si tratta, è la galera.
Non è più tempo di sconti.

Luca Maione