domenica 27 febbraio 2011

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Assistere a uno spettacolo sportivo, a una partita di calcio in particolare, rappresenta uno dei più diffusi e popolari modi di impiegare il tempo libero in Occidente.
Purtroppo quella che dovrebbe essere una festa si trasforma spesso, specialmente da noi in Italia, in occasione di violenza.
Le cronache delle partite sulla stampa sportiva non si limitano ormai da tempo a raccontarci le prodezze agonistiche di questo o quel campione, ma ci riferiscono di  aggressioni, scontri, risse, assedi, agguati, accoltellamenti, ferimenti, lanci di oggetti, di petardi, di pietre, di bombe, giù giù fino a che talvolta l'insensata spirale di violenza non lascia sul campo il morto ammazzato.

Il problema della violenza negli stadi è in Italia un problema annoso. Periodicamente, da molto tempo a questa parte, si organizzano dibattiti, si esecra, si condanna, facendo ricorso a una retorica sempre più stucchevole, ma non si fa sostanzialmente niente, fino allo scontro o al morto successivi.
Dispiace che la classe dirigente italiana indulga così spesso in chiacchiere inconcludenti, anziché affrontare i problemi con efficace risolutezza, come avviene in altri Paesi.
In Inghilterra, per esempio, il tifo violento negli stadi, quello dei tristemente noti hooligan, è stato debellato tramite una serie di provvedimenti che hanno restaurato l'ordine e che consentono ai veri sportivi di godersi la partita in un clima di confortevole convivialità.
Da noi ciò non sembra possibile. Le partite si trasformano in occasione di guerriglia urbana, il tifo calcistico si colora, oltre che di rivalità campanilistiche, di improbabili valenze politiche e ideologiche. Nelle curve si inneggia alla violenza senza che ne esistano giustificazioni plausibili.
Razzismo cretino, delinquenza comune, uso di droghe, bullismo, affermazione violenta della propria personalità, becero qualunquismo si mescolano, presso alcune frange estremiste degli ultras, alla passione sportiva.
Un malinteso ed equivoco approccio romantico alla partita anima, in certi stadi, alcuni settori di pubblico, sfociando non di rado in sciagurato teppismo. Spesso con la connivenza degli stessi calciatori, dei club e di talune lobby politiche, attenti a perseguire più il proprio interesse particolare che quello generale.
Eppure basterebbe poco per ripristinare la sicurezza: seguire l'esempio di chi ci è riuscito e cioèzero tolerance nei confronti dei violenti, pene certe e severe che comprendano la carcerazione, divieto assoluto di frequentare lo stadio per i facinorosi, giustizia rapida ed efficace, responsabilizzazione dei club nella gestione della sicurezza degli stadi. In Inghilterra ha funzionato.
Un'ideologia antiautoritaria ed eccessivamente garantista, che se è stata necessaria quarant'anni fa per rinnovare una società italiana troppo arcaica, oggi è degenerata ad alibi di criminali e teste calde, creando inutili ostacoli alla punizione dei delitti. Tutti, oggigiorno, reclamano diritti e giustificazioni, mentre quasi nessuno parla più di doveri e responsabilità.
È chiaro che non esiste nessuna via d'uscita fino a quando si continua a considerare il tifoso violento un "capro espiatorio" del disagio diffuso di una società, come è successo di recente dopo i fatti luttuosi di Catania.
PER QUESTO E' STATO IDEATA LA TESSERA DEL TIFOSO:
                           
La "tessera del tifoso" è uno strumento di “fidelizzazione” adottato dalla società di calcio. Il progetto lanciato dall'Osservatorio si pone l’obiettivo di creare la categoria dei “tifosi ufficiali”.
La tessera, rilasciata dalla società sportiva previo “nulla osta” della Questura competente che comunica l’eventuale presenza di motivi ostativi (Daspo in corso e condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni), fidelizza il rapporto tra tifoso e società stessa.

Credo sia giunto il momento per ribadire forte e chiaro che la ricreazione è finita, che ci sono delle regole da rispettare e che l'istituzione più adatta a farsi carico dei criminali, perché di questo si tratta, è la galera.
Non è più tempo di sconti.

Luca Maione

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